Fino al 10 gennaio, a Palazzo della Ragione di Mantova, nel Museo della Follia, potrete visitare le mostre di due grandi artisti, Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi.
Di loro si ha un’idea un po’ particolare, forse tramandata di anno in anno, dai primi del Novecento ad oggi. « Che belli i loro quadri, peccato che fossero pazzi» si dice. Invece no, non erano pazzi, ma singolari, erano dei tipi avanti, diremmo oggi.
Ai loro tempi l’arte naif, cioè quella dei dilettanti, fatta più per passione che in base ad una tecnica pittorica, non aveva molti seguaci. Anzi, veniva vista l’arte di chi non aveva nulla da fare e ripiegava nel dipingere. Per questi motivi Ligabue e Ghizzardi non sono stati mai presi sul serio: bistrattati dalle critiche e dalle loro difficili vite, hanno continuato a dipingere imperterriti raccontando non solo un paesaggio o un soggetto ma un vero e proprio stato d’animo.
Se la bellezza è negli occhi di guarda, anche la follia, l’euforia, la depressione, la paura hanno dei colori e delle forme diverse a seconda di chi vive questi sentimenti e chi guarda da fuori.
La pittura di Ligabue, che per lo più dipingeva animali e paesaggi, è un’arte colorata, euforica, ricca, mentre quella di Ghizzardi, con i suoi ritratti femminili, è turbata, pensierosa, a tratti angosciante.
Non dimentichiamoci però, che matti loro non lo erano, se non nel loro modo di vivere l’arte: il primo era appassionato di motociclismo ed il secondo era un contadino. Entrambi, con i piedi ben piantati a terra.